Il primo appuntamento è spesso, giustamente, un momento memorabile ed emozionante, nel quale viviamo l’incanto della scoperta dell’altro e la magia di sentirci ricambiati. E’ per questo che sarebbe insensato e anche assurdo proporvi di fare i “detective” e studiare minuziosamente – quasi si fosse uno psicologo o un criminal profiler – tutto ciò che l’altro dice o fa; allo stesso modo però, sarebbe da sprovveduti lasciarsi andare al sentimento e mettere il cervello in naftalina. Fidarsi di tutti è altrettanto sbagliato del diffidare di tutti. Continua a leggere
Piove
il fischio del treno
sottolinea, d’inverno
la sera
Come imparare a dire di no senza sensi di colpa
http://www.ibs.it/code/9788854155749/marson…/come–imparare–dire.html
Questo interessante libro affronta in maniera chiara e con un linguaggio non tecnico le difficoltà che incontrano le persone che – in svariati campi della vita – non sanno dire di no e si trovano a contrastare gli effetti della “maledizione dell’altruismo”. L’autrice ricostruisce – partendo da casi clinici – come, sin dalla più tenera infanzia, ci costruiamo delle Regole Personali Rigide (devo essere apprezzata/o da tutti; non posso sottrarmi alle loro richieste ecc.) che, col tempo, finiscono col diventare controproducenti. Fornisce inoltre alcune indicazioni sull’atteggiamento di fondo da tenere e sulle strategie da utilizzare per minimizzare i rischi di questa condizione e per imparare a “essere disponibili quando ci va”. Indicatissimo per tutti coloro (compresi pazienti e terapeuti) che, a vario titolo, hanno a che fare con queste situazioni.
Nuovi modi di socializzare…
Spesso i miei pazienti sollevano il problema della solitudine e della difficoltà che si incontra quando si desidera conoscere altre persone nel proprio ambiente, vecchio o nuovo che sia. Sottolineano anche come, ai vantaggi di vivere in una società “moderna” quali ad esempio una maggiore autonomia e un minor controllo sociale, facciano da contraltare minori possibilità di socializzare. Chi viene dal Sud ricorda con nostalgia l’abitudine di soggiornare – anche grazie al clima favorevole – nello spazio esterno alle case dove era – e in alcuni casi fortunati è ancora – possibile fermarsi a chiacchierare, sferruzzare e osservare il passaggio. Ma anche al Nord la classica struttura della corte lombarda o veneta permetteva di stare insieme e di curare collettivamente il gruppo dei bambini in un clima in cui anche le difficoltà delle diverse fasi della vita (come il post partum) una volta condivise diventavano più leggere. Era anche più semplice conoscere a fini sentimentali: il pasaggio in vasca o la messa della domenica costituivano così un’occasione per addocchiarsi, per scambiarsi taciti segnali ecc. E’ vero che adesso esistono gruppi che si trovano per condividere degli interessi o problemi (come i gruppi di auto-mutuo-aiuto sui più svariati argomenti o sintomi) ma la situazione è comunque profondamente mutata. Per questo motivo ho trovato particolarmente interessante un articolo di Isabella Fantigrossi pubblicato sul Corriere della Sera del 4 luglio nel quale si sottolinea quanto stia diventando di moda istituire dei gruppi di quartiere. Si tratta di una tendenza partita in Emilia e diffusasi poi in Lombardia attraverso la costituzione di gruppi di solidarietà su Facebook. L’obiettivo è socializzare e aiutarsi a vicenda. Come si procede concretamente? Si crea una pagina su Facebook (c’è anche – come riferimento – il sito di chi per primo ha avuto questa idea) che viene pubblicizzata nel quartiere attraverso volantini distribuiti nei bar e nei negozi della zona. Si creano così le social street dove gli abitanti di una via o di un quartiere si mettono in contatto per conoscersi e darsi una mano. In un anno ne sono sorti circa 250 in tutta Italia a dimostrazione di quanto il problema sia sentito. A volte nascono anche delle compartecipazioni con il Comune in una lodevole sinergia diretta tra cittadino e istituzione. Perché non prendere esempio da queste esperienze?
Table: per scoprire come mangiavamo
Cosa mangiavano i nostri antenati? Cosa mangiamo noi?
Un modo originale per proporre questo tema che si concretizza in una mostra all’Arengario di Monza. Un’idea per concludere il percorso annuale dei pazienti aderenti a Progetto Benessere.
Offerta di lavoro
Un requisito per questa posizione è conoscere la lingua inglese, per ogni evenienza in un articolo successivo metterò la traduzione.
Traduzione Offerta di lavoro
Traduzione:
Abbiamo inventato un finto lavoro e abbiamo messo un annuncio online
poi abbiamo fatto veri colloqui
Lasci che le spieghi di che lavoro si tratta, non è solo un lavoro, è il lavoro più importante,
la posizione cercata è quella di direttore delle operazioni
la responsabilità è uno dei requisiti richiesti nel suo senso più ampio
è richiesta la mobilità, richiede di stare in piedi tutto il tempo, anzi direi quasi sempre, è richiesta grande resistenza
_ Per quante ore?
Da 135 ore alla settimana in su, 7 giorni la settimana
_ Immagino ci sia la possibilità di sedersi…
No. Non sono previste pause
– E’ legale tutto questo?
Sì, sì
– Non posso nemmeno pranzare?
Dopo il suo assistito
– Ma è una cosa da matti!
Richiede capacità di negoziazione e spiccate abilità relazionali, una laurea in medicina, in economia
A volte le sarà richiesto di affiancare il suo assistito in orari notturni. Non sono previste ferie, anzi in quei giorni il lavoro si fa più intenso
– Direi che è tutto piuttosto crudele, è un lavoro per gente malata
La sensazione di connessione che da con l’assistito è incommensurabile. Ah, il lavoro non sarà pagato assolutamente nulla
– Scusi?!
– Dovrei fare tutto ciò gratis?
sì, lo fanno già miliardi di persone.
-Chi?!
Le mamme
In conclusione: buona festa della mamma!
La parabola del Ranocchio …
Troppo bello!
Ri-Trovarsi: Corsi e Percorsi per il Ben-essere della Persona
C’era una volta una gara di ranocchi. L’obiettivo era arrivare in cima ad una torre. Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro. Cominciò la gara. In realtà, la gente probabilmente non credeva possibile che i ranocchi raggiungessero la cima e tutto quello che si ascoltava erano frasi del tipo “Che pena! Non ce la faranno mai”.
I ranocchi cominciarono a desistere, tranne uno che continuava a cercare di raggiungere la cima. La gente continuava: “Che pena! Non ce la faranno mai!”.
E i ranocchi si stavano dando per vinti tranne il solito ranocchio testardo che continuava ad insistere. Alla fine tutti desistettero tranne quel ranocchio che, solo e con grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.
Gli altri volevano sapere come avesse fatto. Uno degli altri ranocchi si avvicinò per chiedergli come avesse fatto a concludere la prova.
E scoprirono che …. era sordo!
Riassumendo:…
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Stalking
Un’interessante iniziativa sullo stalking: conoscerlo per fermarlo
Autostima
Ex: il decalogo 7. A ognuno il proprio test.
Io penso che ognuno dovrebbe avere un proprio “test” per valutare l’affidabilità di un eventuale partner. Ovviamente il tipo di test adottato dovrebbe essere tarato sulle caratteristiche e sulle esigenze di ciascuno, ad es. per una madre o padre single è pacifico che sia importante tener conto dell’atteggiamento dell’altro nei confronti dei propri figli e del loro benessere. Per altri può servire una specie di gioco del “se fosse” cioè immaginarsi come si comporterebbe l’eventuale partner.
Personalmente negli anni ho sviluppato – in maniera empirica – “il test della borraccia” vale a dire mi immagino di essere persa nel deserto con il partner e di avere a disposizione una sola borraccia d’acqua e mi immagino come potrebbe comportarsi lui/lei. Se il primo pensiero è che l’altro vi dia una botta in testa e scappi tenendosi la borraccia per sé (cosa che – purtroppo a posteriori – ho sospettato fortemente rispetto a un mio ex) è evidente che qualcosina nella relazione non funziona; se, al contrario, siete ragionevolmente certi che l’altro la condividerebbe con voi ciò è sicuramente buon segno.
E voi? Utilizzate qualche criterio di valutazione?